Il babywearing ha molte sfaccettature: chi lo ama per il legame che crea con il portato, chi ne vede la praticità, chi una sintesi di questi aspetti. A volte però c’è di più.
Qualche settimana fa ho parlato dei miei inizi con il portare (qui) ed è nato un bel confronto con alcune mamme e su ciò che le ha spinte a cominciare il percorso nel babywearing.

Ha deciso di condividere con noi la sua esperienza Marta Granata, pedagogista e consulente babywearing.
L’arrivo di Zoe
Prima ancora che Zoe nascesse sapevo che avrei voluto portarla e così una mia amica mi prestò la sua fascia elastica.

Un pomeriggio presi un coniglietto di peluche, scelsi più o meno a caso un video che mostrasse le indicazioni per legare e provai.
Ovviamente alla fine non avevo modo di sapere se avevo fatto correttamente: stavo legando un peluche e non ero nemmeno certa di aver seguito il video giusto.
Poi arrivò Zoe. E con lei tutta la fatica di questo nuovo inizio.
Abbiamo fatto i conti con ittero, sonnolenza continua, posizioni scomode, rifiuto del seno, poca crescita di peso, ragadi, mastite, paracapezzolo, tiralatte, aggiunte, biberon, siringhe, cucchiaino e tanto tanto altro.Mi sentivo incapace di nutrire mia figlia, di entrare in relazione con lei, di connettermi con questa nuova vita che avevo tra le mani.
L’avvicinamento al portare
Dopo due settimane pensai che forse la fascia poteva aiutarci. Ero disposta a tenere Zoe stretta a me e volevo trovare una strada che ci aiutasse a “legarci”.
Avrei potuto ritirare fuori un video su internet e cimentarmi da sola. Ma non lo feci. Non volevo sbagliare, non volevo rischiare di fare qualcosa di scorretto per lei, non volevo sentirmi nuovamente incapace o inadeguata.
Volevo portarla e volevo partire col piede giusto. Volevo che qualcuno guardasse me e la mia bambina e ci accompagnasse nella nostra nascita.
La mia osteopata collaborava con una consulente, così la contattai e facemmo la nostra prima consulenza.
Ricordo che per la prima volta mi sentii sicura e felice della scelta fatta.
Imparai a legare Zoe, a comprendere come maneggiare il tessuto, a saper selezionare le informazioni corrette e utili, da quelle errate e non necessarie.
Da quel giorno ho legato Zoe tutti i giorni. I nostri corpi e i nostri cuori hanno iniziato ad avere lo stesso ritmo, ad ascoltarsi e a comprendersi. Il sonno si è fatto più tranquillo e profondo, i pianti sono diminuiti ed è aumentata la mia sicurezza come mamma.
Di recente ho avuto modo di rivedere alcune foto di quei primi mesi.
Tante stoffe, colori, legature, nanne, sorrisi.
Le fasce sono state la nostra Cura.
Ci hanno legate e avvolto in un caldo abbraccio quando le lacrime sembravano avere il sopravvento e tutto sembrava complicato.
Non sarò mai abbastanza grata alla mia consulente e a quei “pezzi di stoffa” così speciali.
Oggi porto Elettra, la mia seconda bimba, è tutto diverso ed è giusto che sia così.
Perché le fasce legano storie e persone. Ed ogni legame è unico.
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