Deadstock e upcycling: nuova vita per i tessuti

Ci siamo occupati di fast fashion nei mesi passati e vi siete mai chiesti che fine fa l’invenduto o il tessuto prodotto in eccesso? Per fortuna c’è chi vede negli scarti di produzione una possibilità.

Quando ci si occupa di ambiente non si può non pensare all’impatto enorme del sistema moda, dalla produzione dei filati, al confezionamento del capo fino al fine vita dei capi stessi. Mi sono più volta imbattuta in termini come deadstock e upcycling e ho pensato di approfondire. Come sempre si è aperto un mondo.

Deadstock e sovrapproduzione

Deadstock sono le scorte inutilizzate, di abiti o tessuti, normalmente rimanenze delle scorse stagioni . Approfondendo ci si rende conto che questi “avanzi” di produzione possono derivare da altre azioni come ad esempio l’azienda che commissiona un tessuto poi cambia idea o non ottiene il risultato sperato, il colore risulta sbagliato oppure il tessuto si danneggia durante la lavorazione.

Clamorosi i casi di alcune griffe del lusso che bruciano le rimanenze o gli articoli difettosi per non intaccare l’immagine del marchio (vedi Burberry, Vuitton e compagnia bella).

Poi ci sono eventi straordinari come il Covid per cui moltissima merce è rimasta invenduta a causa del lockdown – pensate agli abiti stagionali. Aggiungiamo anche sovrastime di vendite quindi sovrapproduzione ? Insomma, il quadro è abbastanza chiaro. Oltre al nostro consumo usa e getta della moda, si aggiungono anche le falle del lato produttivo.

L’upcycling può aiutare?

Upcycling significa una cosa tipo riciclo creativo, cioè è il passo successivo al riciclo. Se un barattolo di vetro viene riutilizzato per la stessa funzione si tratta di riciclo , invece se quel contenitore lo trasformo in una lampada, parliamo di upcycling. Pensiamo anche ad una pila di vecchi giornali che uniti con un paio di cinghie possono diventare una seduta – gli esempi possono essere infiniti. È un modo per ridare vita agli oggetti dando loro più valore.

Tornando al tema del post, cioè gli scarti di produzione nel tessile, gli abiti invenduti e il tessuto possono diventare nuovi abiti e accessori. Molti marchi sono nati proprio lanciandosi nel riciclo creativo, ridando vita a scampoli o vecchi abiti.

Blue of a kind
Vernisse

Ovviamente ci sono marchi di tutti i tipi e tutte le tasche. Nelle Stories di Instagram vi avevo parlato anche di Rifò, che rigenera dei vecchi indumenti per produrre nuovi filati con i quali confeziona le proprie linee di abbigliamento.

Se rimaniamo nel mondo del babywearing, pensiamo alle tante e bravissime artigiane che trasformano le fasce in oggetti come borse e stole, per permetterci di riutilizzare della “stoffa” cha abbiamo così tanto amato – ne avevamo parlato con Farisa, ricordate?

Cosa ne pensate? Conoscevate questi termini e tutto ciò che vi sta dietro?

Noi come sempre ci vediamo anche nel nostro gruppo Facebook e su Instagram.

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Frida

Oltre il Babywearing